ATR

Cosa hanno in Comune gli ex lavoratori della Selta di Tortoreto e dell’ex Atr Group di Colonnella? Tfr non rivalutati, nel primo caso, e Tfr non pagati, nel secondo. Ma sopratutto, in questi anni post-fallimento hanno maturato…un deludente rapporto con l’Inps di Teramo. Andiamo con ordine. 

SELTA – Nel caso della Selta, solo l’Inps di Teramo non ha riconosciuto la rivalutazione del Fondo di Tesoreria relativa al periodo in cui i lavoratori sono stati in Cassa Integrazione. Tradotto, hanno percepito il Tfr ma senza la rivalutazione dovuta e che, a differenza della sede Inps di Teramo, è stata accordata dalle direzioni territoriali Inps di Piacenza ed Ascoli Piceno. Motivo per cui è in essere un quesito ad hoc all’indirizzo del Comitato regionale Inps affinchè si esprima nel merito e dipani la matassa. 

ATR GROUP – Forse ben più paradossale è il calvario degli ex lavoratori dell’Atr Group che, a marzo 2020, si sono licenziati per giusta causa dall’azienda di Colonnella dopo settimane di sciopero (per i tre stipendi arretrati) e prima che l’azienda chiedesse l’accesso alla Cassa integrazione straordinaria. Percepito l’orizzonte del fallimento, in circa 50 anni deciso di licenziarsi e ricollocarsi subito altrove. Bene. A marzo 2023 saranno trascorsi esattamente tre anni da quel momento e del loro Tfr non si vede ancora l’ombra di un centesimo. Parliamo di una media di 16mila euro/lorde pro capite, un totale quantificabile in 750mila euro circa. Tanti soldi. Ma perchè non hanno ancora preso neanche un euro del loro trattamento di fine rapporto? “Perchè l’Inps di Teramo ci ha risposto di aver già conguagliato il Tfr direttamente al datore di lavoro – nel 2020 – sulla scorta di quanto riportato nella busta paga finale emessa. Ma a noi quel Tfr non è mai stato liquidato dall’azienda e ora lottiamo per avere ciò che è del lavoratore e non è né dell’Inps, né dell’ex datore di lavoro…” A raccontarci quanto accaduto è uno degli ex operai Atr, Samuele Puglia che, tra esasperazione e profonda delusione, ha interpellato direttamente l’Inps nazionale “anche perchè il curatore (fallimentare, ndr) ce lo ha riconosciuto come credito, ammettendoci al passivo”. Tra gli ex operai ha avuto fortuna un lavoratore che, dall’Inps di Pescara, si è visto liquidare quel Tfr a fronte del deposito “di un’auto-dichiarazione in cui diceva di non aver percepito nulla da quella famosa busta paga. Allora abbiamo presentato la stessa cosa anche noi ma – prosegue Puglia – con sommo stupore, la commissione provinciale INPS di Teramo ha respinto i ricorsi affermando che devono essere corretti i “flussi uniemes” dei lavoratori”. Flussi da correggere ma di cui non hanno responsabilità alcuna i lavoratori che, da tre anni, attendono la liquidazione del Tfr. “Quei soldi sono del lavoratore, se ci sono stati disguidi burocratici non può essere il lavoratore a pagare vedendosi negare un diritto sacrosanto” chiosa Puglia. Una risposta è arrivata dall’Inps nazionale, dando mandato alle sedi territoriali per la liquidazione del Tfr spettante. Risposta arrivata a novembre 2022. “Siamo oltre la metà di gennaio e ancora non è arrivato, per questo ho rimandato una pec all’Inps…” conclude profondamente amareggiato Puglia. Da tre anni un ex Atr, senza Tfr.